La mia didattica: esperienze personali

piano books

Piano Books

Credo che abbiate già letto che ho scritto e continuo a scrivere brani pensati per la didattica pianistica, già presenti nella sezione spartiti, e ne approfitto per dire che molti altri a breve troveranno uno spazio apposito che ho intenzione di creare per colmare certi vuoti tuttora presenti nell’offerta per chi insegna, a conferma del fatto che la didattica, la costante ricerca di brani idonei a ciascun studente, e spesso la realizzazione esclusiva di brani appositamente per l’uno a l’altro allievo, sono parte del mio impegno quotidiano. Infatti, ben lungi dall’accontentarmi della seppur vasta possibilità di scelta tra i testi a disposizione, sento sempre la mancanza di qualcosa, soprattutto di creare maggiori stimoli ed evitare di annoiare gli allievi con tappe che possono saltare, tenuto conto che la maggior parte di questi non aspirano di certo a diventare pianisti di stampo classico, insomma tutta una serie di libri e studi pesanti che possono forse affrontare in un secondo momento, una volta che avranno le idee più chiare. È certo che tutti passano varie fasi, possono anche rivelare un interesse per i temi classici ma ben presto verranno trainati dalle amicizie verso altri stili musicali, e io non ho di certo intenzione di censurare o sconsigliare questo o quel genere, ma cerco soprattutto di fornire gli strumenti più idonei per potersi poi destreggiare con il genere che interessa suonare. In realtà non credo esista un solo libro adatto allo scopo, ma una moltitudine di testi o brani estrapolati qua e là tali da poter fornire un ampio ventaglio e bagaglio di brani sia tecnici che divertenti, sia per i giovanissimi che per quelli meno giovani. Se per esempio nei metodi Bastien ho notato un eccessivo precorrere i tempi nell’affrontare gli accordi di tre note con la mano sinistra – questo anche nella versione per i pianisti adulti – ho trovato invece più proficuo il metodo francese Hervè et Pouillard, che però rimane di impostazione classica. un po’ datato e troppo americano nei suoi contenuti musicali è invece il metodo J.Thompson, tradotto anche in italiano, che però ha qualche brano divertente soprattutto per i giovanissimi. Una collezione di brevi brani sempre molto indicata per chi inizia è sicuramente The Joy of the first Year piano, un best seller i cui brani quasi tutti coloro che sono alle prime armi hanno sempre suonato con piacere. Che dire dei “vecchi” metodi? Il tanto odiato Beyer da certi insegnanti vecchia scuola è ancora utilizzato come punto di partenza, ma come ho sempre detto a tutti quelli con cui ho avuto modo di discutere di didattica, il problema è che affronta la chiave di basso troppo avanti (addirittura all’esercizio 61!), le armonie sono ripetitive e i contenuti musicali di conseguenza piuttosto poveri, gli allievi non ne hanno mai un buon ricordo e lo trovano assai noioso. Ho invece sempre consigliato, e in parte usato, il suo antagonista Leber & Stark, molto più ricco di contenuti musicali gradevoli anche all’orecchio, che si può considerare sicuramente più completo di molti altri (e tra quelli da me citati sicuramente il più complesso). Tra l’altro è stato il metodo su cui iniziai gli studi, infatti intelligentemente il mio insegnante non usava il Beyer a differenza di tutti gli altri colleghi!

Come rendere meno noioso lo studio, anche utilizzando come base di partenza alcuni di questi libri “datati”? Io sfrutto le possibilità tecnologiche, senza strafare, creando basi di accompagnamento per quei brani che si prestano allo scopo, nel caso dei duetti del Lebert fornisco le registrazioni midi della parte scritta di accompagnamento, in modo che l’allevo a casa, da computer, possa mettere in pratica sulla base la parte che ha studiato. In tal modo si aggira anche il problema del metronomo, strumento davvero poco amato. Sia invece che per gli studi di carattere moderno scritti da me, o anche quelli presi dai testi di C. Norton, J.Vandell, gli Alfred’s Basic o alcuni blues e gli stessi pezzi dei libri di Bastien, creo delle basi musicali di effetto con l’ausilio del programma “Band in A Box“, che anche per chi fa pratica in casa con altri stumenti è noto per le sue grandi potenzialità. Tra l’altro il fatto di abituarsi a suonare su delle basi aiuta a migliorarsi, a non fermarsi ad ogni errore, ad andare a tempo, ad essere costretti a portare il pezzo alla fine e sapersi rendere conto in quale punto del brano ci si trova in caso di errore. In pratica, un po’ come suonare in un gruppo, in caso di errore o nota “sporca”, bisogna completare il pezzo, ritrovare la strada giusta, e cercare di rimediare nel miglior modo possibile.
Il capitolo scale: da qualche parte ho letto che si tratta del “pane quotidiano di ogni pianista”, sicuramente sono uno strumento fondamentale sia per le mani, che per la comprensione delle tonalità, e anche degli accordi. Ovviamente lo studio classico delle scale, e i relativi libri di testo, si guardano bene dall’associare alle scale anche la dicitura degli accordi, così ho realizzato un breve prospetto di tutte le scale maggiori e minori, facendole terminare con le cadenze più tipiche, in accordi, con tanto di dicitura scritta del nome dell’accordo secondo la notazione anglosassone, cercando quindi di avvicinare il più possibile due mondi, due metodologie ancora assenti sui libri più comuni. Insomma, memore della mia esperienza personale, non è stato facile avvicinarsi al mondo degli accordi, per di più scritti in inglese, provenendo dalla pratica assidua delle partiture classiche o comunque scritte. Sicché la mia opinione, ed il mio tentativo didattico, è anche quello di parlare di questi argomenti il prima possibile, introducendo quanto prima possibile il discorso degli accordi, dei rivolti, e delle problematiche nel rendere suonabile uno spartito di musica pop soprattutto quando questo è scritto solo con la linea melodica e gli accordi.
Insomma, l’argomento è piuttosto ampio. sicuramente ci tornerò sopra integrandolo con altri contenuti e riflessioni, nel frattempo spero di avere qualche commento e contributo sia da colleghi che da persone interessate all’argomento.

Niccolò François scrive:

Io sono dell’idea che i metodi moderni siano attuabili solo nei primi due, massimo tre libri, poi si passa a cose classiche. Ho avuto PESSIMI insegnanti, che mi hanno fatto fare il Bastien per molto, molto tempo, e ho iniziato all’età di 8 anni. Non vi dico le carenze che ho avuto dopo e che ho dovuto perfezionare con metodi classici, con una brava insegnante e in solo un anno ho imparato più di quanto avessi imparato negli anni precedenti. Non ho dubbi, più il tempo avanza e più la musica perde qualità e complessità, basandosi solo su commercio in denaro.
04/04/14 12:31:02

nicola scrive:

Grazie del contributo, Niccolò. Il vero problema è che quasi tutti gli insegnanti sono poco creativi e si appoggiano esclusivamente a determinati metodi senza uno spirito critico. E anche se tutti i ragazzi si lamentano del Bastien, ci saranno sempre decine di insegnanti che lo adotteranno senza pensarci troppo. La mia formazione tecnica è stata classica e mi è sempre stata di grande aiuto per affrontare ogni repertorio, anche in questo caso c’è da fare una certa selezione ma è indubbio che i risultati per la tecnica saranno sempre soddisfacenti.
08/04/14 00:10:46
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