Non capisco perché i giornalisti che si occupano di musica, e i vari DJ alla radio, si ostinino a chiamare “album” le nuove uscite discografiche: i cd non hanno niente a che vedere con gli Lp che si sfogliavano, che erano qualcosa da scoprire, da leggere, da tenere tra le mani con piacere, cosa che ora non può più avvenire, anche se di recente si è cercato di uscire dalla piatta omologazione dell’artwork e packaging dei compact disc. Ma anche se si cerca di inventare qualcosa di nuovo, la creatività si scontra con l’innegabile limite tecnico dei 12 centimetri per 12 delle copertine del compact disc. Per me, come per tutte le persone la cui generazione vive a cavallo dell’era del vinile e del compact disc, il termine “album” può essere riferito solo agli Lp trentatrè giri, e non riuscirò mai a definire in questo modo un compact disc, neppure come fanno, probabilmente per abitudine (e forse perchè essi stessi fanno parte di questa generazione di mezzo), i deejay alla radio. Certo, voi direte che album può essere riferito ad una collezione di pezzi, canzoni, storie che si sfogliano come delle fotografie, ma ugualmente la definizione non mi convince.
Sono un nostalgico del vinile? Forse sì, ma solo per gli aspetti “di colore” che hanno poco o nulla a che vedere col godimento dell’ascolto della musica. Anzi, ho sempre odiato l’effetto graticola dei dischi, ho sempre detestato lottare con puntine difettose, storte, o con vinili magnetizzati e sporchi, e con dischi che dopo pochi ascolti si deterioravano nella qualità del suono. Alzi la mano chi, amante della musica, non ha mai sofferto di questo, soprattutto all’ascolto di dischi di classica o di jazz. Eppure, una volta avuta tra le mani l’alternativa praticamente perfetta, e per di più completamente “portabile”(lo stesso formato riproducibile ovunque, anche camminando per la strada), abbiamo trovato il modo di lamentarci della freddezza del suono, e alcuni musicisti forse bizzarri o forse morbosamente retrò, hanno pensato di realizzare interi lavori su cd con il sottofondo rassicurante del caro e vecchio effetto graticola del vinile.
Non condivido l’opinione di chi sostiene che il suono del vinile è più realistico di quello del cd, sono sempre e soltanto opinioni di amanti di un certo genere musicale, soprattutto il rock, e che non riescono a immaginarlo riprodotto nel miglior modo diversamente da quello che ritengono il più consono. Ma questo è soltanto un modo, non è detto sia il migliore. Adesso esistono anche i super audio cd, o l’audio riprodotto su dvd, decisamente migliore, quindi questa vecchia diatriba può considerarsi superata. Però, ascoltare i Beatles sul giradischi è indubbiamente più affascinante che su cd, ma adesso le versioni rimasterizzate dei dischi ci fanno sentire la musica prodotta dai musicisti nella sua dimensione più fedele, e se noi rimaniamo legati all’ascolto sui vecchi supporti è soltanto per nostalgia, per il piacere di ricordare, di ascoltare le cose come le ascoltavamo con qualche anno in meno, di rivivere le stesse emozioni vissute un tempo, quando, emozionati, tornavamo a casa con il nostro disco ellepì appena acquistato, lo scartavamo e lo mettevamo sul giradischi, e anche vederlo girare era una piccola emozione. Si può forse dire la stessa cosa riguardo ad un cd? Non credo. Il valore di un compact è tutto al suo interno, perché quello che è fuori, e che un tempo era anche espressione di arte e fantasia, è diventato veramente troppo piccolo.